Nel segno della fiducia e della speranza: nasce l’Associazione a sostegno della scuola
Nell’Ottocento, a più ondate, diremmo oggi, la città di Torino ed i paesi vicini furono devastati da un’epidemia terribile, che colpì soprattutto i quartieri più poveri e le classi sociali meno fortunate. La malattia era il colèra, una grave infezione dell’intestino causata da un batterio sviluppatosi per lo più in acqua e cibo contaminato. La malattia aveva investito la Liguria, facendo tremila vittime a Genova e nel luglio era arrivata anche nella capitale sabauda. La famiglia reale si era subito rifugiata in un castello in Val di Susa, lasciando la città in balia di sè stessa. L’epicentro della pestilenza fu Borgo Dora, a pochi passi da Valdocco. Qui, circondato dai suoi ragazzi, viveva un sacerdote di cui forse avrete sentito parlare: don Giovanni Bosco.
A Borgo Dora, quell’estate, il sindaco disperato aveva rivolto un appello alla città : “serve gente coraggiosa, serve qualcuno che si occupi dei malati, qualcuno che li trasporti nei lazzaretti, qualcuno che operi affinchè il contagio non si diffonda a macchia d’olio”. Qualcuno, in poche parole, che non si sarebbe fatto vincere dalla paura.
Don Bosco aveva accolto quell’invito ed il giorno della festa della Madonna della Neve aveva convocato i suoi giovani. La festa della Madonna della Neve è festa di miracoli, giorno in cui l’impossibile diventa possibile, come una nevicata a Roma in pieno agosto. E così don Bosco aveva parlato ai suoi, con parole sicure, piene di speranza: “Se voi vi mettete tutti in grazia di Dio e non commetterete alcun peccato mortale, io vi assicuro che nessuno sarà colpito dal colèra. Se qualcuno dei più grandi si sente di venire con me negli ospedali e nelle case private faremo insieme un’opera buona e gradita al Signore”. Parole che oggi ci graffiano la coscienza. Parole di un pazzo, di un esaltato religioso? No. Sono le parole di un papà che si carica la vita dei suoi figli sulle spalle, davanti a Dio e davanti agli uomini.
Prima in quattordici, poi in trenta, seguirono don Bosco. I ragazzi erano divisi in gruppi: i più alti in servizio a tempo pieno nei lazzaretti e nelle case dei colpiti, un secondo gruppo girava per le strade per cercare i malati, un terzo (i più piccoli) rimanevano in Oratorio, pronti ad intervenire ad ogni chiamata. Don Bosco esigeva ogni precauzione. Ciascuno portava con sè una bottiglietta di aceto, una sorta di “Amuchina ante litteram “ e dopo aver toccato i malati doveva lavarsi con cura le mani. Avveniva poi che gli infermi fossero sprovvisti delle più basilari accortezze igieniche. I giovani venivano a dirlo alla mamma di don Bosco, Margherita, che andava nel guardaroba e li riforniva del poco che avevano. In breve tempo l’Oratorio di Valdocco fu svuotato. Un giovane le venne un giorno a raccontare che un malato si dimenava in un giaciglio sudicio senza lenzuolo. “Non avete niente per coprirlo?”. La donna ci pensò su, poi andò a togliere la tovaglia bianca dall’altare e la donò al ragazzo: “Portala al tuo malato. Il Signore non si lamenterà ”.
Gli anni sono passati, la medicina ha fatto importanti conquiste, la Chiesa e la societĂ sono cambiate… eppure quanto vissuto da don Bosco e dai suoi giovani non è così lontano dalla nostra esperienza. Le emergenze sanitarie sono altre, la paura è la stessa.
In questo clima incerto la grande tentazione è l’immobilismo. Non fare nulla, rimanere in letargo in attesa che la tempesta passi.
Oppure agire, darsi da fare per il bene, con coraggio, insieme.
Ecco, con questo spirito sta nascendo una nuova realtà nella nostra comunità . Una realtà fatta di mamme, papà , giovani, anziani, nonne e nonne, che decidono di mettersi al servizio dei più piccoli. Domenica 31 gennaio nascerà l’Associazione a sostegno della Scuola Maria Immacolata. Non una “associazione di genitori”, un gruppo per il tempo libero, un gruppo autonomo ed autoreferenziale, ma una realtà organizzata a servizio e a sostegno della scuola. Oggi infatti la scuola ha bisogno di aiuto, non giriamoci intorno. Tutte le scuole sono in difficoltà , intendiamoci, ma è innegabile che le scuole paritarie (che in Italia non sono tre o quattro ma più di 12 mila) stiano vivendo una crisi senza precedenti, con centinaia di scuole chiuse (per approfondire vai su www.noisiamoinvisibili.it) e difficoltà sempre diverse davanti. L’associazione che sta per nascere porterà un contributo di passione per l’educazione ed entusiasmo nel fare il bene, cercando di coinvolgere i genitori della scuola, gli ex alunni, i ragazzi, le nonne e i nonni, ciascuno in un modo diverso, nella grande comunità educante che fa della nostra scuola una realtà unica.
Una realtà di cui siamo eredi responsabili, che nessuno di noi ha costruito, ma che ciascuno nella comunità è chiamato a sostenere con responsabilità . “Perchè?”, dirà qualcuno, “Perchè avere una scuola parrocchiale?”. “Perchè non si cresce da soli. Perchè è sinonimo di apertura alla realtà . Perchè è luogo di incontro. Perché tutti noi siamo in cammino, avviando un processo, avviando una strada. Perché ci educa al vero, al bene e al bello. Perchè nella scuola non solo impariamo conoscenze e contenuti, ma impariamo anche abitudini e valori” (Papa Francesco).
Ma perchè proprio una un’associazione a sostegno della scuola? Non si poteva aspettare un po’? Proprio ora che i tempi sono difficili? Diceva Sant’Ambrogio: “Voi pensate: i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi”. Affidiamo quest’opera a Maria. Con fiducia e con speranza. Come fecero, tanti anni fa, un gruppo di giovani guidati da un padre coraggioso.
Un abbraccio di pace
Mirko (Direttore)