La FISM al governo: “Attuare Family Act e PNRR insieme a noi”
La FISM, Federazione Italiana Scuole Materne, alla quale nel nostro Paese fanno riferimento circa novemila realtà educative no profit frequentate da quasi mezzo milione di bambini, “apprezza l’interesse strategico del Governo per il potenziamento dei servizi educativi per l’infanzia – espresso nel documento di Economia e Finanza 2023 nel capitolo sullo sviluppo demografico e la famiglia – ma vuole fare la sua parte anche attraverso proposte concrete ed immediate”. Lo scrive in una nota il presidente nazionale Giampiero Redaelli nella quale chiede di “poter presentare alla premier Giorgio Meloni alcune linee per un piano di intervento immediato a sostegno delle famiglie che hanno figli nell’area zero-sei anni”.
Nella consapevolezza del suo ruolo essenziale in questo settore (le paritarie dell’infanzia coprono il 35% del servizio 3-6 anni a livello nazionale e in alcune regioni oltre il 50%; inoltre da anni hanno aggregato servizi di asili nido zero-tre anni e le cosiddette “sezioni primavera”), FISM intende dunque essere coinvolta nel potenziamento dei servizi educativi per l’infanzia. Nelle iniziative di conciliazione famiglia-lavoro, nell’accesso alle risorse del PNRR, vedendosi riconosciuto quel ruolo che, continuando a restare inattuata la legge sulla parità, porta avanti con gravi difficoltà economiche non da tutte sopportabili.
Non solo. Prendendo atto della bomba demografica ormai scoppiata (nel 2003 nascevano in Italia 560.000 bambini, lo scorso anno meno di 400.000) chiede che “anche per il tramite della legge delega sulla famiglia – il “Family Act” (L. 32/2022) si rafforzi l’intervento in questo settore non solo da parte di Stato, Regioni e Comuni, ma anche di tutte le organizzazioni non profit che svolgono una funzione pubblica nel quadro del sistema integrato di educazione ed istruzione”.
“Il segmento Zero-Sei fondamentale per la crescita e lo sviluppo dei bambini è altrettanto fondamentale per il sostegno alla natalità, alla genitorialità, al lavoro femminile” – si legge nella nota di Redaelli – “obiettivi che potrebbero rimanere solo parole se non si cominciasse davvero a garantire e ad avvalersi dei Servizi Educativi esistenti che da anni consentono un servizio riconosciuto come pubblico su tutto il territorio”. Senza dimenticare “la possibilità offerta in questo modo a circa 500.000 madri di impegnarsi in un’occupazione stabile” e “a quasi 50.000 persone – educatori, insegnanti, addetti vari – di avere un posto di lavoro”. Con una missione in più: “contribuire a soddisfare quell’invisibile ma fondamentale bisogno di crescita educativa, sociale, culturale, espresso sin dai primissimi anni di vita in ogni bambino”.