27° Anniversario di sacerdozio del nostro Parroco, don Gianni Pauciullo
Nel ringraziare il Signore per il dono dei sacerdoti ed in particolare per la presenza del nostro Parroco don Gianni – che ieri, con i suoi compagni di messa, ha festeggiato il 27° anno dall’ordinazione sacerdotale – pubblichiamo l’omelia della S. Messa di ieri.
IL TEMPO
Siamo chiamati questa sera nella santa Messa ad esprimere con gioia la nostra gratitudine al Signore per questi ventisette anni di ordinazione sacerdotale, anni di ministero, di donazione, di offerta di noi stessi, di relazioni pastorali ed amicizie, di fatiche, di responsabilità, di prove, di cose da imparare e approfondire. Abbiamo scoperto che il tempo è davvero il luogo della fedeltà di Dio sui nostri passi. E leggere con gratitudine e stupore la nostra vita ci fa bene.
LE RELAZIONI
Abbiamo compreso in questi anni di vita sacerdotale che le relazioni sono il luogo della Rivelazione, basta pregare la Parola di Dio e ci si accorge che tutto in essa si gioca attraverso gli incontri, le relazioni. Questo è un invito a non cedere alla tentazione di questo particolare momento storico, alla grande tentazione culturale: quella di ripiegarci, d’incartarci sulla cultura dell’individualismo…per questo siamo qui insieme come compagni di ordinazione a testimoniare quel legame comune che è la chiamata misericordiosa di Gesù su ciascuno di noi! Quando parliamo della nostra vocazione corriamo il rischio di pensarci in modo individuale e non come un intreccio di relazioni e comunione che è poi la Chiesa stessa! Come dice un autore spirituale: “in tutte le storie della Bibbia le cose belle e le cose brutte capitano sempre nelle relazioni. Pensiamo al fallimento dei due fratelli Caino e Abele. O al perdono meraviglioso che Giuseppe riserva a i suoi fratelli”.
Anche l’evento della trasfigurazione, che è il Vangelo che fa da colonna sonora, da sfondo alla nostra ordinazione sacerdotale, avviene nel contesto della relazione e dell’amicizia, Gesù porta con sé alcuni amici, si dedicano del tempo insieme. Ad un certo punto accade quello che il Vangelo non riesce ad esprimere se non come una esperienza di profonda luce, legate alle vesti di Cristo: Gesù si mostra nella vera divinità. Gli amici assistono a qualcosa che non riescono a racchiudere in parole! Si tratta di una esperienza di luce così forte che i discepoli restano oppressi dal sonno e si addormentano.
“Sul monte Tabor s’imprime dentro i discepoli una esperienza di luce profondissima, un alfabeto diverso che non avevano mai visto: vedono rivelata la divinità di Cristo”. Gesù fa fare un bagno di luce a questi discepoli perché è l’unico modo per preparali ad attraversare il buio che dovranno sperimentare nella passione. Questa memoria di luce salverà la loro vita e la loro unione al Signore Gesù.
LA BELLEZZA
“Maestro è bello per noi stare qui”
Anche noi come i discepoli sul Tabor in quella preghiera ad alta quota, siamo stati toccati dalla bellezza, dall’irrompere della luce di Cristo dentro le notti e le penombre della nostra vita, abbiamo sperimentato il calore luminoso della sua misericordia che ci ha accompagnato e trasfigurato di giorno in giorno. Questa pagina stupenda che abbiamo scelto per la nostra ordinazione sacerdotale è un invito costante a considerare la bellezza della nostra chiamata, come bellezza di luce capace di vincere ogni notte. Capace di opporsi a quelle penombre che albergano in noi, nella vita dei nostri fratelli e sorelle che abbiamo accompagnato, che s’insinuano perfino in certi capitoli delle nostre comunità cristiane.
La bellezza come categoria della vita vocazionale e sacerdotale.
“La vocazione può nascere solo dall’incontro con un credente che vive una chiamata bella in una vita bella, che può testimoniare che ne è valsa la pena fare una certa scelta, che vive una bella amicizia con Gesù e trasparenti relazioni con gli altri, al punto di farsi carico dell’altro e della sua salvezza, della sua chiamata e del suo cammino di ricerca vocazionale, e che dunque è contento del suo sacerdozio o della sua consacrazione e non perché le cose gli vadano bene e lui ha successo, ma perché la sua vita è ricca di senso e questo senso è bello, indipendentemente dai risultati che ottiene, ed è più forte del non senso esistenziale che può colpire a volte anche la vita del sacerdote”(Cencini)
LA CUSTODIA
Mi sono permesso di cercare le parole che ci rivolse come un augurio e una preghiera ventisette anni fa il cardinale Carlo Maria Martini, nella celebrazione della nostra ordinazione sacerdotale. Vorrei rileggerle per me e per ciascuno di voi, cari confratelli, mi sembrano parole profonde, grandi e bellissime, confratelli, da custodire nel cuore.
“Vorrei che il vostro motto “E non videro che Gesù” ,si applicasse da oggi in avanti a coloro che vi guardano, vedere in voi il volto del signore che ancora percorre le strade di questa terra; è la prima grazia che chiediamo con affetto e fiducia allo spirito santo per voi: che chiunque verrà a contatto col vostro ministero, chiunque vi vedrà celebrare, pregare, assolvere, consolare, guidare possa dire: qui c’è un riflesso del volto di Gesù, c’è qualcosa della sua verità, del suo coraggio, della sua mitezza; è un po’ come se vedessi lui”
(C M Martini in occasione della nostra ordinazione sacerdotale)
La seconda consegna che ci fece il Cardinale martini e che vorrei ricordare:
“Nell “Eucarestia vissuta con amore, Gesù imprimerà il suo volto in voi e vi farà partecipi dei pensieri del suo cuore “Il Signore che fa nuove tutte le cose sarà in voi se avrete affidato a lui la novità della vostra vita perché egli la rigeneri ogni giorno nella celebrazione eucaristica
(CMMartini in occasione della nostra ordinazione sacerdotale)
Bene, siamo qui nella celebrazione Eucaristica e chiediamo per noi la Grazia di questa trasfigurazione, di questa rigenerazione quotidiana, che ci porti ad assomigliare, ogni giorno di più, almeno un po’ alla bellezza, alla mitezza, alla misericordia di Gesù.
Dio, per intercessione di Maria, porti a compimento l’opera che ha iniziato in noi ventisette anni fa!
Don Giovanni